La Pieve di Artimino compare in un diploma del 998 tra le proprietà confermate dall’imperatore Ottone III alla diocesi di Pistoia. La presenza di una chiesa battesimale testimonia in maniera certa e inequivocabile una presenza demica di non poco conto. Gli studi compiuti in queste terre nell’ultimo quarantennio e tuttora in corso hanno dimostrato come la frequentazione di queste terre sia assai più antica: tra il VIII – VII secolo a.C. Artimino fu scelta, infatti, come luogo d’insediamento dagli Etruschi che per primi ne conobbero e riconobbero la felice posizione: “tra Signa e Capraja nella sommita d’un poggio che propagasi dal fianco meridionale del Monte Albano, bagnato a settentrione e a levante dal torrente Elsana, o Erzana, e dal fiume Ombrone, mentre a scirocco e a ostro l’Arno solca intorno alle sue pendici. Questo poggio presentasi sotto forma di un bastione all’ingresso superiore dello stretto (Arctus) della Gonfolina“, (Repetti Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana.)
Postazione Romana prima – una moneta di Galata del 60 d.c. ritrovata sul territorio e alcuni toponimi d’origine latina avvallerebbero questa ipotesi – fu nei primi secoli dopo il Mille castello di frontiera del Comune di Pistoia ed a lunga causa di contesa tra questo e la Repubblica Fiorentina, che ambiva ad ottenere il prezioso avamposto, quasi chiave del Val d’Arno Inferiore, e ne ottenne se pur momentaneamente il dominio nel 1204. Nel 1219 passò di nuovo sotto il dominio Pistoiese, ma soltanto fino al 1225, anno in cui passò di nuovo sotto il dominio fiorentino.
Il piccolo borgo rimurato e fortificato da Castruccio Castracani nel 1327 fu di nuovo teatro di una cruenta battaglia al termine della quale il borgo era di nuovo in mano fiorentina.
Nell’accordo firmato tra Fiorentini e Pistoiesi si stabilisce che i castelli di Artimino, Carmignano, Castellina di Limite di Vitolino siano governati per metà da parte Guelfa e per metà da parte Ghibellina. Il distretto politico di Artimino riunito al contado fiorentino aggiunse allora sullo stemma della popolazione che recava un drago marino, il giglio fiorentino. Il lungo periodo di pace che seguì ebbe come conseguenza la decadenza del castello.
Si narra che attorno al 1594 il Granduca Ferdinando I, recandosi a caccia nel suo Barco del Monte Albano, appena giunto sul poggio di Artimino abbia detto al suo architetto, il Buontalenti: “Bernardo intorno a questo luogo appunto, ove tu mi vedi, io voglio un palazzo che sia sufficiente per me e per tutta la mia corte; or pensaci tu, e fa’ presto“.
La Villa fu edificata in poco tempo tra il 1596 ed il 1600: detta la Ferdinanda dal nome del Granduca, o anche dei “cento camini” per via dei suoi numerosi comignoli di forme e fogge volutamente diversificate.
Al di fuor del castello, prospiciente la Villa, sorge la Pieve di San Leonardo e Maria quella stessa che Ottone III citava nel suo diploma. Dedicata inizialmente solo alla Vergine fu ampliata agli inizi del XII secolo dalla Contessa Matilde. La dedicazione d’aggiunta a San Leonardo avvenne nel XVI sec.
Artimino conta da sempre tra le sue ricchezze un prestigiosissimo vino che già i Medici inviavano, quale dono prestigioso, in giro per il mondo a notabili ed ambasciatori e che Francesco Redi in un suo ditirambo celebra così: “Benedetto / quel Claretto / che si sprilla in Avignone, / questovasto Bellicone / io ne verso entro ‘l mio petto; ma di quel, che si puretto / si vendemmia in Artimino / votrincarne piu d’un tino / ed in si dolce e nobile lavacro / mentre il polmon / mio tutto s’abbevera, / Arianna, mio Nume, a te consacro / il tino, il fiasco, il botticin, la pevera …”