Tumulo etrusco
dei Boschetti
Tumulo etrusco
dei Boschetti
Comeana, Carmignano (PO)
Lo straordinario sviluppo culturale e artistico che interessa il territorio artiminese durante il periodo orientalizzante della storia etrusca appare evidente soprattutto a Comeana, dove le due tombe monumentali di Montefortini e dei Boschetti e suggeriscono l’alto livello raggiunto dalla committenza locale nel corso del VII secolo a.C.
Il tumulo dei Boschetti domina l’ultima curva della strada d’accesso al paese di Comeana e incombe sull’attuale cimitero.
Un breve dromos in discesa sbarrato da una grande lastra in pietra serena delimita l’accesso ad un piccolo vano rettangolare con funzione di vestibolo. Da qui si raggiunge la cella funeraria, chiusa da un lastrone, con pareti costituite a loro volta da elementi litici di notevoli dimensioni accuratamente connessi ad incastro, in modo da creare tensione e stabilità all’intera struttura, che dobbiamo immaginare in origine coperta dalla terra del soprastante tumulo emisferico.
La cella è pavimentata da lastre irregolari e accoglie, in corrispondenza della parete di fondo, una piccola teca quadrangolare, forse utilizzata per contenere una sepoltura ad incinerazione.
Tomba dei Boschetti
Via Lombarda (Comeana) – 59015 Carmignano (PO)
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Sempre visibile
Ingresso gratuito
Visite didattiche
Informazioni e prenotazioni presso il Museo Archeologico di Artimino
Tel. 055 8718124
Il tumulo – fortemente abbassato dai lavori agricoli che hanno distrutto anche il Tamburo – sembra che abbia perduto, nel corso dei secoli, almeno quattro-cinque metri dell’altezza originaria, compresa la parte superiore delle pareti in pietra.
Il visitatore, percorrendo una rampa di accesso costruita per consentire la fruizione, può vedere assai bene dall’esterno della recinzione le strutture superstiti, costruite quasi totalmente in lastroni di pietra serena, di spessore vario determinato dalla funzione; queste strutture, con orientamento da Nord-Est a Sud- Ovest, si conservano fino a un’altezza massima di m. 1,25 sul piano pavimentale della cella.
Dall’esame dei resti di corredi recuperati (ed esposti al museo di Artimino), è possibile identificare almeno due deposizioni di incinerati di sesso diverso; ricaviamo inoltre elementi che ci consentono di identificare un ‘pater familias o princeps’ che si caratterizza come guerriero, con ricchezza basata sulla produzione del grano e del miele ricavati dalla sua proprietà fondiaria; egli inoltre produceva forse il vino destinato al nobile simposio ed ostentava athyrmata di avorio scolpito e collane con vaghi di osso, vetro/pasta vitrea ed ambra: l’esame del corredo e la tipologia della struttura architettonica inducono a proporre una datazione fra il 670 e la metà del VII sec. a.C. I reperti sono esposti nel Museo di Artimino.